Quello che voglio raccontarvi ? il caso dell?antica alleanza, ormai rotta, tra sule e fringuelli. Principali protagonisti sono Geospiza difficilis, ormai detto fringuello vampiro (nella parte del traditore) e la sula mascherata, Sula dactylatra (nei panni scomodi della vittima). Teatro del dramma la piccola isola di Wenman, detta anche di Wolf, delle Gal?pagos. Antico antefatto: la sula e il fringuello avevano trovato un comune interesse o, per dirla in termini scientifici, avevano sviluppato una simbiosi mutualistica. Il fringuello aveva licenza di volare in groppa alla sula, di frugare tra le penne alla ricerca di insetti parassiti. Lui di ci? si nutriva, lei ne risultava spulciata. Cos? nel tempo si era evoluta una reciproca, innata fiducia, che la sula manifestava (e ancora manifesta) con istintivi atteggiamenti di invito alla spulciatura, con un suo tranquillo rilassarsi durante l?operare del simbionte.
Tutto and? per il meglio fino a quasi quarant?anni fa. Poi, agli inizi degli anni sessanta, successe un fatto sconvolgente. Forse per caso, un fringuello, frugando un po? troppo sgarbatamente alla base di una penna dell?ala di una sula, le ruppe un vaso superficiale. Sgorgava del sangue. Il fringuello assaggi? e grad?. Ritrov? probabilmente lo stesso sapore gi? conosciuto mangiando gli insetti rimpinzati di sangue. Apprese cos? che sotto la pelle della sula scorreva l?oro rosso, scopr? come si fa per procurarselo. E da quell?evento nacque il grande cambiamento. Geospiza difficilis, sfortunatamente per la sula, ? uno di quegli animali ?capaci di cultura?. Cos? la scoperta del singolo rapidamente divenne propriet? di tutti, perch? gli altri fringuelli della stessa specie, osservando, la fecero loro. Non ci volle molto perch? la popolazione dell?isola divenisse la prima e (finora unica) popolazione d?uccelli al mondo ematofaga. E le sule se ne stettero l?, e ancora stanno, inerti, a farsi dissanguare. Ma la storia non ? finita, pochi anni fa quel fringuello ne ha inventata un’altra. E? sua antica, istintiva abitudine spostare i sassi con uno speciale movimento (una sorta di calcio all’indietro) per cercare se sotto c’? nascosto qualcosa da mangiare. Ebbene, dato che i fringuelli non fanno che razzolare intorno ai nidi delle sule, non poteva non capitare ad un uovo di far la parte di un sasso e, data la sua fragilit?, rotolando tra le rocce, di rompersi. Anche questa scoperta ? diventata, in breve, popolarissima nella stirpe dei fringuelli dell’isola, e cos? ormai ? tradizione consolidata anche l’abitudine di far rotolare, scalciando, le uova di Sula dactylatra, ottimi contenitori di pregiatissimo cibo. E ora l’ultima notizia. Resisi consapevoli che le uova sono una fonte alimentare, i frenetici fringuelli hanno spostato l’attenzione anche su quelle di almeno un’altra specie. Esiste un?ottima documentazione filmata di fringuelli intenti a perforare, questa volta usando il becco come se fosse uno scalpello, uova di Sula sula, la sula dalle zampe rosse, che gi? era, anche lei, vittima di qualche dissanguamento. Quanto al nuovo metodo di rottura delle uova, deve essersi originato cos?: queste sule, contrariamente alle altre, si costruiscono il nido su alberi o cespugli, e il nido ? tale per cui ? impossibile, scalciando, far rotolare fuori le uova. Da qui deve essere nata la necessit? di inventare quest’altra tecnica per raggiungere il medesimo scopo.
Che succeder? in futuro? Difficile prevederlo. C’? da dire, comunque, che gli animali delle Gal?pagos sono sempre sotto osservazione, e pertanto certamente saremo informati di ogni sviluppo.
Le Gal?pagos, che offrirono stimoli e argomenti cos? determinanti al giovane Darwin, vennero dette – e ancora sono – laboratorio naturale dell’evoluzione. Intendendo, con ci?, dell’evoluzione biologica. Il caso strepitoso dei fringuelli e delle sule ci consente ora un’estensione, perch? riguarda anche l’evoluzione culturale, e ben esemplificato ne risulta il rapporto tra biologia e cultura. Pensate a quelle sule: hanno acquisito, secondo i tempi lunghissimi dell’evoluzione biologica, un ben definito atteggiamento di tolleranza e accettazione, talora anche di invito, nei confronti dei fringuelli, utile per la loro sopravvivenza. Poi, di colpo, quelli smettono “culturalmente” di far loro un favore per divenire pesantemente parassiti. E tutto nel giro di pochi anni, e tutto perch? loro sono capaci di trasmettersi l’un l’altro per via di apprendimento, invece che per via genetica, una loro scoperta. Insomma, evidente ? lo squilibrio tra la lentezza dell’evoluzione biologica e la rapidit? dell’evoluzione culturale. Le sule sono ancora l? che fanno inviti ai fringuelli perch? le vadano a spulciare come ? scritto nei loro geni e i fringuelli, invece, nel breve giro di pochi anni, da simbionti si sono trasformati in parassiti.
Cos?, il caso dei fringuelli e delle sule risulta fortemente didascalico. Quei fringuelli – pensavo un giorno su quelle isole lontane – in fin dei conti rappresentano noi. Noi che con il nostro comportamento su base culturale tutto rapidamente modifichiamo provocando squilibri. Impedendo cio?, a causa della lentezza dell’evoluzione biologica, che le altre specie, animali e vegetali, possano costruirsi in tempo le adeguate contromisure.
Noi agiamo in funzione dei possibili profitti sui tempi brevi, e loro intanto vanno in crisi, quando addirittura non soccombono.
? proprio per la discronia tra i tempi lunghi dell’evoluzione biologica e quelli sempre pi? rapidi della nostra evoluzione culturale che cos? deleterio risulta l’impatto dell’uomo sulla natura.
E gi? che stiamo parlando di uccelli voglio farvi un esempio. Voglio spiegarvi perch? la caccia non ? una vera predazione ma qualcosa di assai diverso, e forse dovrei dire di molto peggio (anche lasciando perdere non trascurabili aspetti etici).
Se noi studiamo il rapporto tra un predatore e la sua preda scopriamo che parallelamente all’evolversi delle strategie predatorie si sono evolute parallele strategie antipredatorie. Pi? si raffinano le une pi? si raffinano anche le altre, ed ? sulla base della coevoluzione che sta in piedi il sano equilibrio tra prede e predatori. Ma provate a sostituire un predatore con un cacciatore, che poi sarebbe un predatore culturale. Un essere cio? che usa ogni tipo di tecnologie per quanto concerne le armi da fuoco, i metodi di rilevamento e i richiami pi? sofisticati, inoltre utilizza i mezzi pi? rapidi per gli spostamenti, e non deve perci? curarsi del suo bilancio energetico. Che possibilit? di produrre controstrategie antipredatorie pu? avere in questo caso un povero uccello?
Poi, gi? che ci sono e per generalizzare un poco il mio esempio, esco un attimo dalla tematica ornitologica e penso al significato naturale dei banchi di pesci. La grande quantit? ammassata di individui ha, in natura, comprovata funzione antipredatoria quando il predatore ? un pesce o, al limite, un mammifero acquatico, delfino o foca. Ma che succede quando arriva il predatore culturale armato di enormi reti e di un sonar che intercetta i banchi? Tutti sappiamo cosa succede, e purtroppo non ci sono solo cacciatori e pescatori. Anche gli inquinatori esistono a provocare modificazioni ambientali intollerabili. Anche con loro il discorso non cambia.
Mi ripeto: quei fringuelli – pensavo un giorno su quelle isole lontane – in fin dei conti rappresentano noi. S?, mi occupavo di loro ma intanto pensavo a noi. Siamo noi, noi umani di questo passaggio di millennio, che con la nostra cultura miope mettiamo continuamente in crisi le altre specie. Ma sapremo, noi Homo sapiens sapiens, alla lunga avere un p? pi? d’intelligenza, di consapevolezza del quadro generale, di quanta pu? averne un fringuello, per “culturale” che sia?
Danilo Mainardi tratto da “La strategia dell’aquila”
Oscar Mondadori Editore 2000
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