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Il concetto di ?migrazione? ? noto all’uomo fin da tempi immemorabili, esso stesso appartiene alla categoria delle specie migratrici, come dimostrano i passati ed i presenti spostamenti di popoli interi, o anche pi? semplicemente i movimenti turistici su scala mondiale; eppure, mai come oggi ? un fenomeno che stupisce, spaventa, talvolta esaspera. Non tutti sono consapevoli del fatto che la migrazione, da intendersi come spostamento spaziale di gruppi di individui in risposta ad un cambiamento, ? un fenomeno quanto mai naturale, che interessa quasi tutti i gruppi di esseri viventi, a partire dai batteri e dalle alghe fino, appunto, all’uomo: dai piccoli spostamenti verticali delle piccole forme di vita acquatiche in risposta alla luce, fino ai lunghissimi viaggi dei salmoni, delle tartarughe marine, delle anguille e della farfalla monarca, e sono proprio le migrazioni stagionali degli animali sulle lunghe distanze quelle che colpiscono maggiormente l’immaginario umano, e destano meraviglia e stupore in chi le osserva. Tra tutti gli animali viaggiatori, gli uccelli rappresentano sicuramente la classe simbolo in quanto ad abilit? e variet? nel comportamento migratorio; ci? ? dovuto alle loro dimensioni e variet? di forme, alla capacit? di mantenere inalterata la temperatura corporea e alla loro spiccata attitudine al volo, che li ha portati ad occupare pressoch? tutte le regioni della Terra.migrazione_farfallamonarca

Nelle sue forme pi? semplici la migrazione degli uccelli consiste in movimenti pendolari tra un luogo di nidificazione, dove essi si riproducono, ad uno dove essi soggiornano successivamente all’epoca riproduttiva. In questo senso si adottano spesso i termini di ?migrazione primaverile? e ?migrazione autunnale?, ma sarebbe opportuno parlare di ?migrazione di andata? (per convenzione quella di allontanamento dai siti riproduttivi) e ?migrazione di ritorno? (quella di ritorno verso i siti riproduttivi), poich? di fatto molti uccelli lasciano i quartieri di svernamento molto presto, assai prima dell’inizio vero e proprio della primavera, e molti altri partono prima dell’autunno, addirittura in piena estate. Questo tipo classico di migrazione stagionale nasce in risposta a cambiamenti delle condizioni ambientali a seconda della stagionalit?, che non assicura la disponibilit? di risorse alimentari nella stessa misura durante tutto l’arco dell’anno, ma pu? originarsi anche per altri fattori, ad esempio l’insorgere di una pressione da sovrappopolazione che spinge una parte degli individui a spostarsi per cercare siti ottimali per la cura e l’allevamento dei pulcini.

Molte specie di uccelli compiono le classiche migrazioni stagionali annuali dove tutti gli individui della specie vanno a passare l’inverno a sud, oltre il Sahara, nelle zone tropicali ed equatoriali, per poi tornare verso Nord a nidificare. Nelle aree equatoriali e tropicali il clima abbastanza costante fa si che ci siano risorse trofiche disponibili durante tutto l’arco dell’anno e ci? permette di mantenere molte popolazioni di uccelli anche stanziali. Le aree alle latitudini maggiori, oltre il circolo polare, hanno una enorme produttivit? concentrata in un periodo molto breve (l’estate) mentre per il resto dell’anno sono quanto mai inospitali. Queste aree quindi non possono ospitare grandi e diversificate comunit? stanziali, ne consegue che durante la stagione estiva c’? un’enorme surplus di produttivit? disponibile per i migratori che qui vengono a riprodursi. Quegli stessi uccelli, se decidessero di rimanere a nidificare nelle aree tropicali avrebbero meno risorse disponibili non sufficienti a sostenere popolazioni cos? numerose. Questo ? il comportamento tipico di specie molto conosciute come le rondini, le cicogne, i cuculi ecc.
Spesso per?, soprattutto nelle zone temperate come la nostra, vi sono moltissimi casi in cui una parte degli individui della specie oppure di una popolazione migra, e la rimanente rimane stanziale nel luogo di nidificazione: si parla in questo caso di ?migrazione parziale? ed alle nostre latitudini ne sono esempi il merlo, il pettirosso ed il fringuello, di cui una parte delle popolazioni, alla fine dell’estate, scende dalle regioni settentrionali alle meridionali oppure in senso verticale dalla media e alta montagna fino alle pianure per trascorrere l’inverno. Quindi, si tratta di un tipo di migrazione in cui nella specie o popolazione coesiste sia la sedentariet? che lo spostamento, e ci? determina l’instaurarsi di un equilibrio tra vantaggi e svantaggi ai fini del successo riproduttivo e quindi della conservazione della specie o popolazione. Proviamo ad esempio a considerare una popolazione di migratori parziali in cui la componente stanziale si trovi a trascorrere (nel sito riproduttivo) uno o pi? inverni particolarmente favorevoli; questo andr? chiaramente a loro vantaggio, in quanto molti di loro sopravvivranno, potranno dare inizio ad una cova precoce, ed eventualmente mettere in atto una covata o pi? successivamente, e scegliere i siti migliori prima dell’arrivo dei competitori. Per contro, il verificarsi di inverni sfavorevoli nei siti di riproduzione andr? ad avvantaggiare la componente migratrice della popolazione, in quanto quella stanziale subir? le conseguenze delle avverse condizioni ambientali, cos? che i migratori al loro arrivo troveranno molti territori e risorse a disposizione e potranno ricostituire la popolazione.

Ricapitolando il comportamento migratorio ? una risposta delle comunit? viventi alla distribuzione disomogenea delle risorse nel tempo e nello spazio.
Un meccanismo che consente a tutti gli esseri viventi di convivere e di proliferare e consente alle risorse stesse di rigenerarsi. Tra le specie migratrici, come dicevamo all’inizio, annoveriamo anche l’uomo che grazie a movimenti migratori su larga scala ? arrivato a colonizzare praticamente tutti gli angoli della terra. Oggi questi movimenti migratori sono ripresi con una certa rilevanza in quanto la distribuzione della ricchezza a livello mondiale ha raggiunto un livello di disomogeneit? tale per cui l’1% della popolazione mondiale possiede da solo quanto il restante 99%.
Non dobbiamo pertanto stupirci se molti popoli fuggono dalle proprie terre, per la povert?, per guerre e per la desertificazione dilagante (frutto, per altro, di stili di vita insostenibili dei paesi ricchi), ma soltanto prendere consapevolezza del fenomeno e delle sue cause originarie, cosa che ci porter?, ci auguriamo, a perseguire modelli economici e sociali sostenibili e pi? giusti.
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