Sul Lago di Massaciuccoli sono presenti delle piccole fitocenosi relitte a “Sphagnum sp.” denominate sfagnete. Esse si sono sviluppate alle nostre latitudini durante l’ultima glaciazione (tra 100.000 e 10.000 anni fa) e quelle del lago sono le uniche, in tutto il bacino del Mediterraneo, che si trovano al livello del mare. Normalmente sono associazioni vegetali caratteristiche di climi freddi, si rinvengono di fatto nelle torbiere di montagna o in stazioni nord-europee (note sono quelle dell’Irlanda, della Scozia e della penisola scandinava), tuttavia in alcune stazioni con caratteristiche climatiche pi? temperate hanno trovato particolari condizioni che hanno permesso la loro sopravvivenza fino al momento attuale. Nella sfagnete di Massaciuccoli in particolare il suolo ? sempre intriso di acqua, questo causa un fenomeno di inversione termica, con la formazione di strati laminari di aria fredda al livello del suolo e di strati soprastanti di aria pi? calda. Con questo particolare microclima ? possibile la convivenza di specie vegetali con esigenze ecologiche molto diverse, infatti troviamo lo sfagno insieme a piante che necessitano di temperature assai pi? elevate, come la felce florida (Osmunda regalis), considerata un relitto dell’Era terziaria.
Lo sfagno ? la specie principale che costituisce queste cenosi. Esso appartiene ad una famiglia di muschi che hanno la caratteristica peculiare di crescere su se stessi in maniera indefinita andando a formare cuscini anche molto spessi (in alcuni casi fino ad alcuni metri) dove la parte morta sottostante ha la funzione di assorbire e trattenere l?acqua come una spugna per la parte vivente posta in alto.
Sul lago le sfagnete si insediano su strutture galleggianti costituite da un fitto intreccio di materiale vegetale, indicate con il termine di ?aggallati?. Queste sono porzioni di palude galleggiante originatisi grazie alla morfologia specifica dei rizomi della cannuccia di palude: questi apparati sono dotati di canali aeriferi che consentono il galleggiamento di tutto il corpo vegetale e il progressivo avanzamento a colonizzare lo specchio d’acqua. Lo spessore dello strato galleggiante viene poi ad essere alimentato progressivamente dai residui vegetali delle parti vegetative, e nel tempo pu? divenire molto consistente. In questo modo tutta la sponda del lago ? costituita da canneti galleggianti pi? o meno estesi. Talvolta, in conseguenza di venti particolarmente forti e di alti livelli dell?acqua, pezzi di aggallato anche molto grandi si staccano dalla sponda e vanno a formare vere e proprie isole vaganti, denominati localmente ?cesti?. La palude galleggiante simula evidentemente in tutto e per tutto gli habitat delle torbiere in quanto risulta sempre intrisa di acqua ma quasi mai sommersa.
Come ? possibile che ambienti cos? delicati siano giunti comunque fino ai giorni nostri? Questo habitat fa parte evidentemente di un ?paesaggio culturale?, un paesaggio cio? che fin dalla sua formazione ? stato plasmato dall?azione dell?uomo che utilizzava costantemente la palude per trarvi risorse, permettendo cos? anche inconsapevolmente la sopravvivenza delle sfagnete. La cessazione delle attivit? tradizionali di gestione sta mettendo in serio pericolo questa fitocenosi cos? delicata: oltre alla rarefazione causata dal soffocamento da parte della vegetazione palustre che non viene pi? tagliata e rimossa, c?? il rischio di incendi del canneto che la mancata manutenzione dei canali rischia di far propagare anche alle aree pi? sensibili; infine il distacco degli aggallati, non pi? ancorati, che vanno alla deriva. Tutte cause che stanno portando alla scomparsa di questi preziosi ambienti.
Per la salvaguardia di questi peculiari ambienti la Lipu si adopera ogni anno con mirati interventi di gestione: nella Riserva del Chiarone sono presenti due sfagnete, una delle quali si trova nella parte visitabile ed ? quella attivamente gestita dal personale e dai volontari. L’intervento consiste nel taglio del canneto, che si effettua ogni anno nel mese di Febbraio e che abbiamo appena concluso, e nel successivo allontanamento del materiale e ripulitura dell’area.
A partire dal 2003 si ? iniziato inoltre un programma di monitoraggio della vegetazione, che si svolge nei mesi primaverili ed estivi, per verificare la risposta della sfagneta alle azioni gestionali. A distanza di alcuni anni, i dati raccolti confermano la validit? del metodo ai fini dello stato di salute e dell’ incremento in estensione dello sfagno e delle specie ad esso correlate.
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