Salutiamo la fine dell’anno 2016 e l’inizio di nuove stagioni con un bel ricordo di Roberto Cabib, uno scrittore originario di questi luoghi di cui pi? volte abbiamo pubblicato storie e racconti nella apposita sezione ?I Racconti del Lago? di questa newsletter.
Roberto restituisce ancora una volta un’immagine lucida, forse un po’ nostalgica, del Lago di Massaciuccoli e delle piccole comunit? che attorno ad esso, e di esso, hanno vissuto, testimonianza di un’umanit? ricca e per molti versi assai differente da quella di adesso.
Ci auguriamo con questo di proseguire nella nostra opera di raccolta di testimonianze e, riguardo a voi, di allietarvi e di restituirvi una multiforme chiave di lettura ogni volta che vi troviate immersi in questi luoghi.
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?Il cittadino frettoloso, o il turista curioso, che si trovi a percorrere la cosiddetta ?Bretella?, l’autostrada Lucca-Viareggio, vede d’un tratto gi? in basso, di fianco, una distesa d’acqua che luccica nel sole, quasi voglia proprio farsi notare. Lontano lontano, vicino all’orizzonte, una striscia nera di pineta la divide dal tremolio del mare. Intorno, canali rettilinei in fuga, qualche intersezione, acquitrini.
E’ quanto consente oggi di vedere la velocit? di una macchina.
Sulle carte ? segnato: Lago di Massaciuccoli.
Famoso un tempo per le sue cacce, ricordato ovunque perch? sulle sue rive ha vissuto Giacomo Puccini colle sue indimenticabili creature. Ma il nostro lago, il nostro padule, non ? tutto qui.
Dopo venti o trent’anni di lontananza, ho rivisto anch’io questo paesaggio in un pomeriggio di sole, ed accorgendomi di colpo di quanto fosse cambiato, sono sceso dal colle, rientrando nella sua realt?: canali, scialagoni, collettori, chiari. Un brulicare di gente chiassosa in gita, di barche a motore, di bilance con reti impossibili, fornite di camere e acqua corrente, verande e forse, doppi servizi.
E i miei cacciatori, i miei pescatori, dove sono ora? Dire che sono morti, dire che i loro fantasmi si aggirano tra di noi, sarebbe troppo comodo e soprattutto di cattivo gusto. Io me li ricordo, tu pure, ma gli altri? I gitanti della domenica lo sanno quanto si ? vissuto tra queste canne, tra questi canali? Quanto puzza disudore ogni pietra che forma il molo di Viareggio o la ghiaia che ora ? cementata sulle nostre strade, sui nostri muri? Provengono tutte di l?, dalle cave di Massaciuccoli, del Montetondo: venivano caricate a braccia sui barchetti, a braccia trasportate attraverso il lago, i canali, fino al mare. Col gelo o il solleone, per un pugno di spiccioli. Cos? il falasco, cos? i biodoli. E pure la caccia e la pesca erano fonte di vita per molti.
Sul lago, dalla parte del monte, vivono allineati Massaciuccoli, Quiesa, Bozzano, Massarosa; di fronte, Torre del Lago Puccini.
Vivevano del lavoro agricolo, i campi e la bonifica erano buone terre; poi c’era caccia e pesca. In seguito sorsero alcune fabbriche: a Quiesa dapprima cucirini, poi una filatura di lana, ?la fabbrica?; a Bozzano e Massarosa, calzature. Molti andavano anche a lavorare a Viareggio, in cantiere, altri in ferrovia.
Questi paesini avevano tutti la loro caratteristica: Massarosa, il capoluogo di Comune, con gli uffici, il dottore, i carabinieri, il dazio.
Bozzano il pi? agricolo e il pi? appartato.
Massaciuccoli il pi? antico, colle sue terme romane a testimoni, aveva persino dato il nome al lago.
Quiesa, il pi? acculturato. Figuriamoci un borgo in cui al lavatoio o al bar si discuteva di Nicodemi o di Santo Rosso, che poi era Rosso di San Secondo. Era l’unico paese ad avere un teatro vero, in muratura, coi palchi in legno dipinto e la platea, e soprattutto una filodrammatica, che rappresentava commedie da far stare col cuore in gola e il fiato sospeso. E che era il vanto di tutti e il divertimento di tutta la provincia. E c’era anche la Banda, intitolata naturalmene a Puccini, radicata nelle tradizioni e nel sangue di tutti. Ognuno aveva provato, o aveva uno zio o un nonno che aveva ?sonato?. Tutti i ragazzi si sentivano tamburini o trombonisti. E per le feste, in piazza e nelle processioni, Limonero o Viva Maria invadevano la conca dal monte al padule, ed era festa davvero. Tutto questo era condito con un pizzico di campanilismo, ma poi nemmeno tanto un pizzico. A volte c’era un agguato in qualche zona di confine, e volavano bastonate col sacco, guai a chi toccava. Spesso per qualche partita tra scapoli e ammogliati, il pi? delle volte per via di qualche storia d’amore tra ragazzi di paesi diversi.
Ma la domenica? la domenica c’era il padule, per tutti. Per i buoni e per i cattivi, per le schiappe e i professionisti, per i contadini o per i forestieri.
In ogni paese c’era il lavatoio sulla gora, ritrovo delle donne, ed un bar, ritrovo dei pi? straordinari personaggi che io riesca a ricordare, di un’umanit? profonda e profumata, invincibile.
Ho scritto alcuni racconti per ricordare questi profumi, per dire al frettoloso viandante o al gitante della domenica di fermarsi, di fare pi? piano. Essi sono tra noi, e noi dobbiamo loro un grande rispetto?.

Roberto Cabib