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Da pi? di due millenni pesa sulla nostra tradizione scientifica un pregiudizio antropocentrico secondo il quale l?essere umano ? il solo animale capace di produrre pensiero e cultura, e di veicolarli ad altri attraverso il linguaggio.
Certo, fin dagli albori del pensiero occidentale, alcuni pensatori rifiutarono tale credenza: Democrito, filosofo greco, maestro della scuola ?atomista?, gi? nel V secolo a.C. suggeriva che noi ?siamo stati discepoli delle bestie nelle arti pi? importanti: del ragno nel tessere e rammendare, della rondine nel costruire case, degli uccelli canterini, del cigno e dell?usignolo nel canto? (I Presocratici, B 154).
Montaigne, filosofo ?scettico?, agli esordi dell?epoca moderna, affermava che solo la nostra presunzione ci impedisce di comprendere che anche altri animali accumulano esperienze individuali, svolgono attivit? ludiche ed estetiche, si trasmettono rituali, tradizioni e conoscenze.
Purtroppo per? queste importanti intuizioni furono soppiantate, nei secoli successivi, dal modello del corpo animale, inteso come ?macchina? o ?automa?, che ha dominato larga parte della produzione scientifica dal 1600 fino alle odierne metafore computeristiche.
Solo da alcuni decenni, grazie agli sviluppi dell?etologia, si ? iniziato ad esplorare, in modo meno preconcetto, le menti e il pensiero animali, e a dimostrare scientificamente che anche presso molte altre specie ? riscontrabile l?esistenza di tradizioni culturali, ovvero di usi locali e regionali che differenziano tra loro le popolazioni di una stessa specie, trasmessi tramite l?apprendimento, di generazione in generazione.
Questa rivoluzione di pensiero inizi? negli anni Sessanta del XX secolo con il diffondersi di due scoperte: alcuni ricercatori giapponesi assistettero, in diretta, alla nascita di nuove abitudini alimentari presso una comunit? di macachi dell?isola di Koshima: introdotte da un singolo individuo, le innovazioni si erano poi diffuse tra altri membri del gruppo. Jane Goodall document? poi, per la prima volta, l?uso di strumenti in una comunit? naturale di scimpanz? africani.
Nasceva cos? l?etologia culturale, intesa come studio comparato delle tradizioni e degli usi animali, branca che, negli ultimi sessant?anni, ha ampiamente documentato l?esistenza di differenze culturali regionali, familiari e individuali in ambiti cruciali della vita sociale animale come i ?rituali? legati al corteggiamento e alla riproduzione, le scelte alimentari e le tecniche di procacciamento del cibo, i sistemi comunicativi e le forme di espressione degli stati emotivi.
Questi sviluppi hanno contribuito a far sorgere, negli ultimi tre decenni, a fianco della ricerca etologica pura, ambiti interdisciplinari come gli Animal Studies, che pongono il problema di ripensare l?impianto teorico e metodologico delle scienze comportamentali e delle stesse scienze umane, in particolare degli ?studi culturali?, su nuove basi post-antropocentriche (l?uomo non ? il solo ?animale culturale? e pensante) e post-meccanicistiche (gli altri animali non sono ?automi? guidati solo dai geni). Si tratta, in altre parole, di attrezzarci a concepire lo studio comparato delle tradizioni, delle forme espressive, degli stili estetici, come un ambito che non riguarda solo la specie umana e che pu? rivelare, in alcuni casi, somiglianze o scambi insospettati tra le culture umane e quelle di altre specie.
In questa prospettiva, uno degli ambiti di ricerca pi? innovativi e promettenti ? quello che riguarda lo studio dei fenomeni di evoluzione culturale convergente tra specie diverse. Di che si tratta? In etologia, si parla di ?evoluzione convergente? quando specie, o persino classi, diverse di animali sviluppano, nel corso della loro storia evolutiva, indipendentemente le une dalle altre, organi o comportamenti simili. Un caso tipico ? quello della comparsa e dell?uso delle ali in molte specie di insetti, negli uccelli, e in mammiferi come i pipistrelli.
Solo negli ultimi decenni si ? iniziato per? a comprendere che fenomeni di questo tipo non avvengono solo a livello morfologico, anatomico, o fisiologico, ma anche nell?ambito dell?evoluzione culturale e, in particolare, nell?ambito dei sistemi comunicativi. Il fenomeno di evoluzione culturale convergente oggi pi? studiato ? quello del ?canto?: esso si ? diffuso, come sistema di segnaletica e spartizione territoriale, evitamento o risoluzione dei conflitti, corteggiamento e rafforzamento dei legami di coppia, espressione di differenze regionali e individuali e scambio di informazioni, in specie tra loro tanto diverse, per storia evolutiva, corredo genetico e ambiente di vita, quanto possono essere gli uccelli e gli esseri umani, le balene e i topi. Intorno allo studio di questo fenomeno ? nata, negli anni Novanta, una nuova area di ricerca, sorella dell?etologia: la zoomusicologia. L?ambito di scoperte che tali studi possono disvelare ? come una immensa foresta di cui, finora, abbiano solo iniziato a intravvedere i contorni.
Chiunque ne sia anche solo incuriosito deve tuttavia sapere che, oggi pi? che mai, il tentativo di conoscere, in modo non invasivo e non costrittivo, le tradizioni, i linguaggi, le esperienze emotive o gli stili di vita di animali di altre specie passa per l?impegno a difenderli dalla distruzione dei loro habitat e dalla mercificazione delle loro (come del resto delle nostre) vite, che il modello di sviluppo dominante delle societ? umane produce e impone a tassi di incremento devastanti e sempre crescenti. Anche per questo motivo, a chi, come gli operatori dell?oasi LIPU di Massaciuccoli, ha dedicato e dedica a tale difesa la propria vita, va la mia pi? profonda gratitudine.

Marco Celentano, ricercatore e docente di Etica e Filosofia morale presso l?Universit? degli Studi Cassino e del Lazio Meridionale, ha fondato e coordina la Post-Graduate School of Philosophy, Ethics, and Ethology. Tra le sue pubblicazioni: Etologia della conoscenza (2000); Konrad Lorenz e l?etologia contemporanea (2011).