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Negli anni in cui non era ancora stata inventata la parola ?inquinamento?, succedevano a volte degli strani fenomeni nel padule, e nemmeno oggi ci riesce facile spiegarli.
Sentivo spesso parlare i pescatori di strane pescate estive; dico strane, perch? nessuno se ne vantava troppo, ma moltissimi vi partecipavano e ritornavano con la barca piena stracarica di lucci e tinche, soprattutto di grandi dimensioni.
E frasi come questa, quando faceva molto caldo, si poteva udire la sera al bar:
?Se stanotte attorba, domani ribolle il lago? oppure ?Ne hai pescati tanti come quando ribolle il lago?.
Una mattina, appena all’alba, fui svegliato dalla solita brancata di ghiaino sul vetro. In strada c’era Gino che mi fa: ?Corri, stamani ribolle il lago; andiamoci presto, cos? si arriva subito al mercato e il prezzo ? sempre alto.?
Preso dal mistero della frase, inforco la bici, prendiamo la strada del padule a gran carriera. Per la strada, un po’ pi? di animazione del solito. E’ l’alba, ma ? gi? caldo. La strada ? polverosa per la secca di questi giorni, in padule l’acqua ? bassa, nelle baracche le barche toccano il fondo.
?Si prende la tua, che ? pi? grande!?.
Ci vuole un po’ a tirarla fuori, tocca la melma. Quando si sbuca sul fosso, prende a navigare.
C’? uno strano odore nell’aria, odore di marcio, di gas, che so, ? pi? forte delle altre volte. Anche l’acqua del fosso ? di un colore insolito, non ? trasparente; un po’ biancastra, quasi lattiginosa. Come sempre all’alba, qualche luccio salta e ci fa sobbalzare. Ma sono tanti.
Si va avanti cos?, si sbuca sul lago, non c’? un alito, il sole non ce la fa a forare la caligine bassa.
In un’ansa del lago, l’acqua ? pi? bianca. Ad un tratto vedo un luccio a galla, grosso. Si agita un po’, ma sta di traverso. Gino accosta, gli tira una remata secca, lo raccatta. D’intorno l’acqua fa delle strane bolle. Ora una miriade di pesci mette fuori la testa per respirare aria.
Non occorre neppure tramortirli, basta allungare le mani e tirarli in barca.
Sbucano altre barche, tutti si danno da fare. C’? un moto di paura quando sbuca Pomello, la guardia. Siamo nella riserva, e quello non perdona mai. Si dice che mai nessuno sia riuscito a farla franca, quando va a caccia o a pesca di frodo. Rema con una mano sola, ma nessuno riesce a distanziarlo. O quando l’hai perso di vista, sul pi? bello te lo trovi davanti, chiss? di dove ? passato. Col suo inconfondibile cappello da alpino, le sue rughe cotte dal sole.
Ma stamani, abbassa la tesa, e prende le sue tinche.
Dico: ?O Gino, ma questi sono pesci avvelenati!?
Ghigna: ?Raccatta e corri, si devono vendere prima che si sparga la voce che il lago ribolle. Dopo non ci danno pi? una lira?.
I pesci non sono avvelenati, ma solo storditi e non so da cosa. Se ne riempie una barca; soprattutto lucci, ma sul finire appaiono anche le tinche, che forse sono pi? resistenti. Ci si pu? permettere anche di scegliere.
?Permette signorina, perch? lei mi guarda storto??
?Vieni tu, che mi sembri bello grosso!?
?Questo ? pi? simpatico?

Gino si diverte, io sono frastornato ma mi do da fare. La barca ? piena, l’acqua sempre pi? bianca, il puzzo sempre pi? forte. Le barche intorno sempre pi? numerose e tutte piene. Il caldo si fa sentire.
Si torna indietro. Quando siamo vicini a riva, sento Gino imprecare. Sulla strada c’? un camioncino fermo, un uomo in terra, a braccia incrociate: il pesciaio. Dice:
?Credevate di farmela, eh? Il lago ribolle, io lo sapevo gi? da iersera. Compro tutto, questo ? il prezzo?.
Una miseria, ma ? la sua legge. Solo lui pu? guadagnare, noi siamo dei dilettanti.
Capisco cosa voleva dire Gino stamani presto, capisco la sua fretta; ma quello ? stato pi? furbo.
E come sempre torniamo a casa stanchi e sudati, con qualche motivo in pi? per imprecare, perch? in padule si impreca sempre.
E con qualche cosa in pi? da raccontare, perch? in padule c’? sempre qualcosa da raccontare!

Tratto da ?I racconti del padule?, di Roberto Cabib