Il lago e le sue sponde hanno costituito e costituiscono tuttora un’importante zona di caccia per diverse specie di uccelli, soprattutto acquatici. Gi? nella carta della Contessa Matilde di Toscana del 1112, relativa alla conferma della maggior parte della Selva Palatina (l’area boschiva e palustre tra Pisa e Viareggio) ai nobili pisani Orlandi e Pellari, si parla di venationes, cio? di attivit? venatoria riguardo alle zone palustri e al lago. Notizie sull’attivit? di caccia nel lago si trovano poi in numerosi documenti dei secoli successivi, ad esempio in un documento del XVIII secolo sulle controversie tra lucchesi e pisani riguardo ai reciproci confini, si legge “…alcune testimonianze affermano che in detto lago si suole andare a caccia con barchette, ma questo per? in tempo d?inverno perch? nelle altre stagioni n? vi ? caccia, n? vi si pu? praticare per l?aria cattiva?.
La caccia sul Lago ? stata da sempre un divertimento e uno svago per i nobili ed i signori che qui avevano le loro riserve, ma anche un mezzo di sostentamento per le popolazioni che qui vivevano.lacaccia Quando nel 1908 Il Lago di Massaciuccoli divent?, per Regio Decreto, propriet? dello Stato cess? di essere una riserva di caccia privata, dei Conti Minutoli prima e dei Marchesi Ginori successivamente, ma rimase tuttavia riserva o bandita di caccia la cui gestione veniva affidata a concessionari privati e nello specifico alla Societ? C.A.R.P.A. presieduta da Guidotti, ricco signore pisano proprietario della omonima casa farmaceutica. La bandita includeva tutto lo specchio del lacustre, incluse le sponde, tranne il lato di Torre del Lago che era demanio aeronautico. All’interno della “bandita” la caccia e la pesca erano assoggettate a regole particolari e soprattutto per poterle praticare si pagava una quota al concessionario. Fuori dalla riserva invece la caccia poteva essere praticata liberamente da chiunque, nell’osservanza delle leggi e dei calendari dell’epoca.
Gli uomini di Massaciuccoli erano, con pochissime eccezioni, tutti cacciatori e questa passione e la sapienza che ci stava dietro si tramandavano di generazione in generazione. Ricorda Renzo Pieri: “… fin da quando avevo 7-8 anni sono andato a caccia con mio nonno Callisto, ? stato lui che mi ha iniziato a questa passione, lui aveva il chiaro e spesso mi portava con s? …”. Anche Franco Marlia ha un ricordo d’infanzia col nonno Geremia: “….Nonno Geremia mi portava a caccia con lui quand’ero piccino, mi metteva in barca e poggiava il fucile davanti a s?, sulla tavoletta, poi mi faceva gli avvertimenti: “Non tocc? il passorino (il grilletto del fucile)! Non lo tocc? eh! Perch? il fucile non ? come il cane, lui non riconosce neanche il padrone”…quella volta si entr? in un fossino e si alz? un’acquatica, lui prese il fucile, gli tir? e la prese, disse poi: “Hai visto come si fa? Impara!”.
Dietro alla caccia c’era una cultura, una profonda conoscenza dei luoghi e delle abitudini degli animali che si rifletteva nella gestione dell’ambiente e nelle tecniche utilizzate per attirare gli uccelli. Come ci dice Rolando Simi, vecchio cacciatore: “….il chiaro per la caccia deve essere curato periodicamente e avere una forma ?da chiaro? altrimenti gli uccelli non ci si fermano. Deve essere regolare e pulito dal falasco, bisogna sapere come orientarlo e non devono esserci cesti al suo interno”. A questo proposito riportiamo anche un simpatico aneddoto, raccontato da Renzo Pieri: “… Il chiaro di mio nonno Callisto era per met? nella Riserva ed in quella met? c’era un grande cesto di cannelle. Pomello (la guardia del Lago) non voleva che si tagliasse, per? era necessario che “il gioco delle stampe scoprisse bene” ossia che gli uccelli le stampe le vedessero da lontano, e questo cesto lo impediva essendo proprio in mezzo. Siccome Pomello era un abitudinario nei suoi orari e generalmente si vedeva passare la sera al tramonto verso le 7.00, quando veniva via dalla sua bilancia, un giorno con Romano si and? al chiaro verso le 6.00 del pomeriggio, si scese sul cesto, si tagli? nel mezzo lasciando le cannelle alte lungo le sponde e ci si nascose in mezzo. Quando lui pass? pi? tardi non si accorse di nulla, cos? quando fu lontano portammo a termine il lavoro. Quando ripass? la mattina ormai il cesto era stato segato…”.
I cacciatori pi? bravi erano ammirati e rispettati anche se esistevano ovviamente invidie e gelosie, di fatto la caccia, insieme alla pesca, era un’importante fonte di sostentamento come si evince da questo ricordo di Renzo Pieri: “… mio nonno c’ha campato di caccia e pesca, era un mestiere …. prima di andare al Porto col barchino faceva venire la mia nonna qui in fondo ai campi, gli dava la balla con gli uccelli che aveva ammazzato e poi andava al Porto, senza niente..Poi lasciava la barca e veniva a casa, caricava la balla sulla bicicletta e andava a Lucca al mercato a vendere gli uccelli. Faceva questo dopo aver passato la nottata al capanno e lo faceva quasi tutti i giorni….”.
Due erano i tipi di caccia che si svolgevano in padule: alla botte con le stampe oppure la caccia vagante con il barchino ed il cane.
La caccia all’aspetto in botte prevedeva proprio l?aspetto della preda stando fermi, calati all?interno di una botte da vino a cui ? stato tolto un fondo. Gli appostamenti venivano sistemati ai bordi dei chiari, lungo le sponde del lago o ancora sulle “paglie”, isole galleggianti ancorate poco lontano dalla riva. La botte era completamente immersa nel fondo della palude e agganciata a tre pali ancorati al fondo del lago. La caccia nei chiari si svolgeva nelle prime ore della mattina, bisognava essere nella botte quando era ancora buio, oppure la sera. La caccia col barchino invece si faceva in tutti i momenti della giornata.
Nel padule di Massaciuccoli c’erano 5 chiari ricordati con il nome (o il soprannome)dei loro proprietari: il chiaro di Callisto, il chiaro del Moro, il chiaro del Treggin, il chiaro dell’Andreini, il chiaro del Meneghetti e il chiaro di Nellicchio; ognuno di questi chiari aveva un capanno costituito da 2 o 3 botti o pile di cemento. Chi voleva fare una giornata al chiaro poteva “affittarlo” pagando un corrispettivo al proprietario o tenutario.
C’erano poi i capanni nella Riserva del Lago, di solito sistemati sulle numerose isole galleggianti debitamente ancorate ad una certa distanza dalla sponda. Erano i capanni pi? ambiti, quelli da cui si cacciavano pi? animali, ma per andare l? si doveva pagare un affitto molto alto che i Massaciuccolesi di solito non si potevano permettere, come ci racconta Maria Iole Lipparelli in questo simpatico aneddoto: “….a quei tempi la, mio marito era un cacciatore e c?erano i capanni che erano di propriet? di alcuni signori pisani, un certo Guidotti e un certo Braccitorti. Loro davano in affitto i capanni e questi affitti toccavano ai signori di Lucca. C?era il mese delle folaghe e mi ricordo che Guidotti era a pranzo da Oliva con alcuni amici con cui era andato a caccia. Delio (il marito) mi disse: “Io mi vergogno… se vai te da Guidotti e gli chiedi se mi d? una giornata al capanno, per Natale ti regalo la pelliccia.. Io, che avevo una bella faccia tosta, non mi feci pregare, andai da Guidotti e gli dissi quello che mi aveva detto Delio, e lui mi rispose: “digli al tuo marito che ti vada a comprare la pelliccia…”.
Quando negli anni ’60 nacquero le sezioni cacciatori in ogni frazione la societ? CARPA, concessionaria della riserva, decise di concedere l’uso gratuito di un capanno ad ogni sezione cacciatori. A Massaciuccoli fu assegnato il capanno in fondo al fosso del Porto ed ogni anno venivano sorteggiate le giornate di caccia tra tutti gli aderenti. A tal proposito riportiamo un emozionante ricordo di Renzo Pieri: “…. La sera prima della morte di mio padre nel 1967 c’era l’estrazione dei giorni in cui ci toccava il capanno in riserva. Io andai alla riunione al Centro Civico e quando tornai mio padre mi chiese: ” quando c’? toccato il capanno?” “il 12 marzo” “mah…. 3 o 4 marzaioli si ammazzeranno…”. Il giorno dopo mor?, aveva 48 anni”.
Questa situazione ? andata avanti fino all’anno 1979, quando fu istituito il Parco Naturale Migliarino-S.Rossore-Massaciuccoli. Gli ultimi cacciatori di Massaciuccoli ad andare a caccia al capanno in riserva sono stati Franco e Aladino Marlia.
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